PSICOLOGIA

di Rosanna Martin, psicologa AOU Meyer

L’appartenenza al gruppo ha una funzione centrale in adolescenza: in questa fase di sviluppo si assiste alla costruzione delle basi per la soggettività, in altre parole si sviluppano il concetto di identità e le competenze cognitive ed affettive. L’adolescente cerca risposte a domande importanti: chi sono? come sono? sono simpatico/a? sono bello/a? sono importante per gli altri? Ma come si costruisce un’immagine di sé? Sicuramente le relazioni e la risposta a ciò che noi siamo e mostriamo di noi, sono un ritorno fondamentale per formare e consolidare la nostra autostima. Il mondo sociale che ci circonda funziona come uno specchio che ci rimanda un’immagine. L’immagine di ritorno, con approvazioni o critiche, permette alla nostra personalità di dipanarsi fra mille dubbi e poche certezze. Il primo specchio, dalla nascita all’infanzia fino alla preadolescenza, è costituito in modo prioritario dai genitori. Inutile dire che lo specchio dell’infanzia (i genitori) è sicuramente più rassicurante, comprensivo, amorevole. Lo specchio costituito dal gruppo è completamente diverso, rimanda immagini dure e crude a volte.

Il gruppo in adolescenza assume diverse forme e attraversa varie fasi. Nella preadolescenza si assiste alla comparsa di piccoli gruppi di due o più ragazzi sostenuti dai genitori, questi gruppi sono di grande importanza perché tali esperienze sono correlate con la capacità di costruire legami in adolescenza. Successivamente si passa da gruppi monosessuali a gruppi con maschi e femmine (misti). Nella prima parte dell’adolescenza il gruppo sostiene l’acquisizione dell’autonomia nel processo di separazione dalla famiglia con conseguente creazione di conflitti tra i due legami con la famiglia e gli amici (la presenza stessa di conflitti è indice di salute, la totale assenza o l’esagerazione del conflitto invece può essere considerato un indicatore di allarme).

Essere accettati dai coetanei e quindi riconosciuti all’interno di un gruppo, è per i ragazzi/e un obiettivo importante, la costruzione di una nuova famiglia, un nuovo specchio. Per il gruppo si è disposti a fare proprie, regole non dette di appartenenza. Fra queste regole esiste l’aspetto esteriore, in cui l’abbigliamento ha un ruolo fondamentale. Il modo di vestire dice molto di come si è caratterialmente, degli interessi, della musica che si ascolta, della famiglia e del ceto sociale a cui si appartiene. Il bisogno di mostrarsi alla moda, aggiornati sulle novità e sulle marche di abbigliamento, sembra costituire una priorità per essere guardati e ammessi in alcuni tipi di gruppo. Nell’adolescenza (e non solo) è facile scegliere dalla “copertina”, ancora ma non sempre, non si legge l’interno del libro; la felpa e le scarpe con la firma riconoscibile e ben visibile, trucco e accessori, tutto come in una copertina. Il titolo del libro con la bella copertina potrebbe suonare un po' così: “famiglia d’amici cercasi: mi prendete?”. Credo sia importante non banalizzare e demonizzare anche queste manifestazioni adolescenziali, ma coglierne anche il messaggio evolutivo: il desiderio di emanciparsi dal mondo infantile, avere un riferimento amicale, sperimentarsi all’interno del gruppo, accettare un meccanismo di iniziazione a cui si spera seguano percorsi di approfondimento emotivo fra amici. Dobbiamo quindi sperare che i ragazzi/e leggano l’interno di sé e degli altri e vadano oltre la copertina perché come diceva Socrate “una vita priva di autocoscienza non vale la pena di essere vissuta”.