PSICOLOGIA

di Alessandra Guarino, psicologa AOU Meyer

Che crescere sia una faccenda complicata è un assioma: la crescita rappresenta, non solo per il corpo, ma anche per la formazione psichica, un vero e proprio lavoro che, come tale, richiede una quantità enorme di energie.

Molte di queste energie vengono spese nel tentare di dare un senso al proprio funzionamento interno che, necessariamente, si deve accordare con il resto del mondo, con tutti i limiti che ciò prevede. Il bambino, nelle varie tappe dello sviluppo, si confronta inizialmente con le figure genitoriali, poi con la famiglia allargata e, gradualmente, con il mondo della scuola (nido, asilo e scuola primaria).

E’ proprio dalla scuola materna in poi, che ogni bambino si allena nel relazionarsi con i pari, con le regole del gruppo, con amici dal diverso carattere e abitudini; un mondo esterno, spesso estraneo, talvolta non necessariamente accogliente e rassicurante come l’ambiente familiare.

E’ allora qui, nei legami amicali, che il bambino apprende, attraverso l’esperienza, l’esistenza dell’ALTRO, con i suoi bisogni, le sue necessità, le sue zoppìe. Talvolta va incontro a pesanti frustrazioni, alterchi e litigi ma, allo stesso tempo, si incontra con l’alleanza e il senso di fraternità; sperimenta l’amicizia che lo fa sentire unico per l’altro e percepire l’altro come speciale affetto.

Il gruppo ha quindi, nel tempo, un’importanza fondamentale per la crescita psicologica, rappresentando il luogo simbolico in cui sperimentare l’esogamìa, presupposto indispensabile per potersi affrancare dalle figure genitoriali. Queste rimarranno un fulcro di riferimento, ma è necessario che i figli “come frecce scoccate dal nostro arco” vadano in direzioni diverse, in avanti, talvolta anche lontano da noi o da dove noi avremmo voluto direzionarli. Per fare ciò è certo fondamentale il senso di sicurezza e di fiducia acquisito in famiglia, ma è altrettanto prezioso ciò che sperimentano nelle relazioni amicali, nel gruppo.

Il gruppo fornisce sicurezza basandosi spesso su meccanismi di identificazione (come il vestire nello stesso modo, fare insieme le stesse esperienze), ma al contempo permette di confrontarsi con le esigenze dell’altro, che possono anche non essere sincrone con quelle del soggetto. Il conflitto che si crea o le possibili frustrazioni, pur nella fatica e dolore che possono innescare, rappresentano un potente propulsore per la crescita e la maturazione psicologica che solo così si arricchisce del limite che l’altro (qualsiasi altro) dona alla nostra vita. Inizia così il confronto e il rispetto per il “diverso da me” che ogni polis dovrebbe acquisire.

Il gruppo amicale resta quindi il luogo elettivo di confronto e di crescita, il coacervo da cui progressivamente emergono il senso di identità, la sicurezza in se stessi, le proprie idee; in definitiva la personalissima dimensione umana unica, specifica e caratteristica di ciascuno di noi.

Comprendiamo quindi che giocare al parco con altri bambini, stare in gruppo, relazionarsi con i pari, non è banalmente solo un gioco, ma una pietra angolare del preziosissimo edificio della crescita di ognuno di noi.