PAROLA DI ESPERTO

a cura della dottoressa Tiziana Metitieri, neuropsicologa AOU Meyer Irccs

Una volta imparato a saltare, a vestirci, calciare una pallina, andare in bicicletta e sbucciare un mandarino non ci accorgiamo più di quanto queste piccole azioni quotidiane richiedano intricati processi di pianificazione delle sequenze motorie, di aggiustamento delle traiettorie di contatto con gli oggetti, di coordinazione tra gli arti. Il peso di ciascuno di questi processi continua invece ad essere intensamente percepito da bambine e bambini con disprassia e a rendere per loro avventurose anche le più banali attività quotidiane. La disprassia evolutiva fa parte dei disordini del neurosviluppo, come questi dura tutta la vita, e interessa la funzione motoria.
In particolare, è, tra i disturbi del movimento, quello che coinvolge la pianificazione delle azioni complesse, compromettendone la fluida esecuzione. Nella sua forma evolutiva si tratta di un disordine congenito che si manifesta fin dalla prima infanzia e che viene diagnosticato a partire dai 5 anni come disturbo della coordinazione motoria. La forma acquisita deriva da specifiche lesioni cerebrali e comporta selettive difficoltà nelle prassie (movimenti coordinati diretti a uno scopo).

La disprassia può coinvolgere solo la funzione motoria o anche il linguaggio, andando a compromettere la programmazione e la fluidità di esecuzione dei movimenti necessari a produrre i suoni verbali e ad articolarli in modo intelligibile. Può anche rendere difficile il soffio per spegnere le candeline al proprio compleanno o il fischiare o ancora lo schiocco della lingua per riprodurre il galoppo del cavallo. Si tratta di difficoltà che durante la fanciullezza possono mettere a disagio nelle situazioni sociali e minare la spontaneità delle interazioni con i propri coetanei.

Le difficoltà nei movimenti si manifestano fin dalla prima infanzia con un ritardo nell’acquisizione della deambulazione autonoma, nei primi scarabocchi e giochi di costruzioni a cui può associarsi anche un ritardo nella masticazione e nella produzione di parole ben articolate. Nel momento in cui queste difficoltà sono identificate, anche prima dei 5 anni, e sono ritenute come un disordine congruente e non attribuibile a condizioni mediche, deprivazione, o altra condizione del neurosviluppo viene raccomandata l’attivazione di un intervento riabilitativo (fisioterapia, neuropsicomotricità, logopedia, in base alle manifestazioni) e ne viene monitorata l’evoluzione.
In tal modo si può stabilire quanto un intervento precoce e tempestivo possa modificare le funzioni motorie facendole tornare in una traiettoria di sviluppo tipico o quanto invece permangano le difficoltà nel completamento delle azioni quotidiane e si debba procedere con la diagnosi di disprassia.

Nel caso di coinvolgimento del linguaggio è importante tenere conto di come le difficoltà di comunicazione possano avere avuto una ricaduta sulle relazioni con i pari trattenendo l’iniziativa nel timore di non essere capiti. Così come il confronto con il gioco ritenuto acrobatico dei propri compagni può avere portato a non seguire il gruppo al momento della ricreazione nel giardino attrezzato della scuola. Con il crescere, non solo pesa mettere in armonia i vari processi e gli arti e le loro estremità, diventa complicato anche assemblare in modo riconoscibile dei tratti su un foglio con l’intento di disegnare o scrivere. Inizialmente quello che viene prodotto appare come un misterioso codice da decifrare. Assieme ai percorsi riabilitativi, saranno le strategie personalizzate attivate all’inizio della scuola primaria a trasformare quei codici in parole leggibili e poi in frasi e in testi, sfruttando quando necessario anche la scrittura digitale.

Per affrontare con serenità la vita a casa di un bambino o di una bambina con disprassia è importante stabilire delle routine, scomporre le attività da svolgere in più fasi (ad esempio, prendere lo spazzolino, prendere il dentifricio, aprirlo e così via), concedere tempi aggiuntivi e incoraggiamenti per ogni attività, parlare insieme delle difficoltà come di una caratteristica, festeggiare gli obiettivi che vengono raggiunti, favorire le occasioni di gioco con i pari. Le manifestazioni della disprassia possono generare sensi di colpa o di vergogna nei genitori, scoraggiare sugli obiettivi che il proprio figlio o la propria figlia potrà raggiungere, ma con l’identificazione precoce e l’avvio tempestivo dell’intervento riabilitativo gli ostacoli insormontabili possono essere superati uno ad uno, fornendo gli strumenti per affrontare al proprio ritmo le prove della vita quotidiana, per muoversi nel mondo e relazionarsi con gli altri.