IL GIOCO È UNA COSA SERIA
Gentilezza è ormai parola cult!
Dalle collezioni di moda ispirate ai nuovi dettami salutisti e pedagogici, attorno alla “gentilezza”, all’essere gentili e quindi alla necessità di educare i bambini ad esserlo, si fa oggigiorno un gran parlare. E mentre insegnanti, educatori si scapicollano nell’inventare o rispolverare giochi che sollecitino la “gentilezza”: dal girotondo gentile, alla lotta del cuore, all’abbraccia l’albero, alle parole gentili incatenate alla musica gentile e così via; dalle pagine web imperversano consigli su “azioni gentili”, appropriate per vincere quella che ai più appare come una diffusa, incorreggibile, maleducazione giovanile se non infantile.
Si passa così da “un cedi il tuo posto in metro”, “Fai ridere qualcuno”, “Dona un abbraccio”. “Fai sentire ben accetta una persona nuova” alla ricerca della nosografia di parole gentili: grazie, prego, per favore, ciao, buona giornata, ti voglio bene, cosa posso fare per te… per arrivare persino a una sorta di identikit del gentile doc: ottimista, idealista, altruista, fiducioso, paziente e dal sorriso facile!
In un tale entusiasta contesto non poteva mancare neppure la Giornata Mondiale della gentilezza che, nata in Giappone nel 1988 e fissata nel 13 novembre per iniziativa del Japan Small Kindness Movement, è abbracciata oggi da molti altri Paesi del pianeta grazie al movimento globale World Kindness Movement.
Naturalmente nella Giornata della Gentilezza si potrà approfittare per sviluppare laboratori, letture, e preferibilmente azioni concrete per sensibilizzare bambini e ragazzini. Peraltro, già una quindicina di anni fa, era arrivata l’idea dell’allora Presidente dell’Associazione mondiale degli Architetti, Jaime Lerner, che proponeva l’“agopuntura urbana”, ponendo l’attenzione sull’amicizia e sui piccoli gesti quotidiani: quelli di reciproca cortesia, capaci di rendere gradevole, calda, umana e solidale, la vita nella propria città.
Nulla da dire o da obiettare su questo gran subbuglio tuttavia,per non crescere una generazione di bambini – li definisce Gianfranco Staccioli - “ripetenti” (bambini che raccolgono, ramazzano, assemblano più o meno confusamente idee o suggestioni provenienti da un mondo adulto frettoloso e non di rado incoerente e facilmente influenzabile) conviene riflettere come adulti sul fatto che “la gentilezza è ben altra cosa dalla cortesia, dalle buone maniere, dal garbo o dalla gradevolezza”, ha scritto Gianrico Carofiglio. E la poeta Chandra Candianiha ha aggiunto che la gentilezza “non si può fingerla: quella è la cortesia, e un alone di falsità la circonda e ha un cattivo odore che allontana i sinceri”. Eppure questo sentire più profondo, gentile e sincero, non fa parte della nostra cultura, la cultura del fare, del rimboccarsi le maniche, del pretendere e spesso del sentirsi offesi personalmente dalle disgrazie. Una cultura opulenta e cortese dove essere sinceri e insieme gentili appare come una ricetta molto esotica. Dobbiamo invece contemplare che la gentilezza, quella autentica, non solo conosca limitie ponga confini, ma possa avviarsi a accogliere gentilmente quello che capita e che gentile non è affatto.Quando si è in pericolo – ha scritto la poeta - non viene quasi mai in mente di essere gentili e invece la gentilezza è un grande soccorso”.
La pratica della gentilezza, quindi lavorare anche con i più piccoli sull’essere sinceri, gentili, in contatto con il proprio sentire nell’anima, è una scelta convincente. Per questo ci convincono i “giochi” collage che mettono insieme pensieri gentili e non gentili senza pregiudizi; ci convincono le proposte di esperienze urbane e ci convince e diverte un gioco Netturbino per un giorno, che – guantoni, ramazze alla mano, contenitori raccogli schifezze ecc.. - ha lo scopo “gentile” di abituare bambini e ragazzini a prendersi curaconcretamente dell’ambiente maltrattato in cui viviamo. Un gioco che allena all’amicizia, alla gentilezza reciproca e alla poesia un po’ rude della strada.