PER I NOSTRI FIGLI
In primavera e in estate fare una passeggiata nei boschi è uno dei modi migliori per trascorrere una giornata insieme alla propria famiglia o agli amici, ma una volta rientrati a casa è possibile scoprire sulla pelle la presenza di un ospite indesiderato: una zecca.
Si tratta di un parassita munito di otto zampine, parente prossimo dei ragni, di colore nero o marrone, della grandezza da pochi millimetri a circa un centimetro (quando ha fatto il “pieno” di sangue), di solito ospite di cervi, cani, lepri, cinghiali, scoiattoli, pecore, uccelli e, qualche volta, anche dell’uomo. Come tutti gli ematofagi (zanzare, pidocchi, pulci, cimici, ragni), anche la zecca, per completare il proprio sviluppo e il ciclo riproduttivo, ha bisogno di nutrirsi del sangue dell’ospite a cui si è attaccata.
Più la primavera si avvicina e la temperatura si alza facendosi più calda, più le zecche diventano attive; si possono trovare nei boschi, nell’erba alta e negli acquitrini dove iniziano a svilupparsi attendendo il passaggio di qualche ignaro mammifero (animale o uomo che sia) per lasciarsi cadere dalle foglie e raggiungere ben presto, una zona calda e ben irrorata, qui inseriscono la loro bocca (rostro) nella pelle e iniziano, a mo’ di vampiro, a succhiare il sangue e gonfiandosi acquistano quel tipico aspetto a sacchetto. Il morso della zecca, contrariamente a quanto si pensi, grazie alle sostanze anestetiche presenti nella sua saliva, non provoca alcun dolore e per questo motivo il loro ritrovamento è del tutto casuale e in alcuni casi tardivo. Ormai tutti sanno che non è il morso della zecca ad essere preoccupante, ma il contenuto della sua saliva. Attraverso di essa si possono trasmettere germi (batteri o virus) responsabili di gravi malattie nell’uomo (malattia di Lyme e una grave forma di meningoencefalite); proprio per questo motivo è meglio rimuovere correttamente la zecca il più presto possibile. Attenzione però:
- se la zecca è rimasta attaccata per più di due giorni,
- se la rimozione non è stata completa,
- se nei giorni successivi alla rimozione compare un’eruzione cutanea diffusa,
- se l’area del morso si presenta gonfia, dolente o francamente infetta (con pus),
- se comparissero febbre, dolori muscolari, torcicollo, mal di testa... è meglio consultare il pediatra per un’accurata valutazione del caso, per eseguire gli esami ematici specifici e iniziare una terapia appropriata.
Vediamo ora come si fa a rimuovere correttamente una zecca:
- Afferrare la zecca con una pinzetta a punte sottili, il più possibile vicino alla superficie della pelle, tirare dolcemente facendo un leggero movimento di rotazione.
- Durante la rimozione bisogna prestare la massima attenzione a non schiacciare il corpo della zecca, per evitare il rigurgito che aumenterebbe la possibilità di trasmissione di agenti patogeni.
- Disinfettare la cute prima e dopo la rimozione della zecca con un disinfettante non colorato (come ad esempio la tintura di iodio o similari) che, macchiando la pelle, maschererebbe un’eventuale arrossamento infiammatorio.
- Il rostro potrebbe rimanere all’interno della cute: in questo caso deve essere estratto con un ago sterile (preferibilmente da un medico).
- Distruggere la zecca bruciandola o semplicemente incollare il parassita in un pezzo di adesivo, ripiegarlo su stesso e buttarlo nella spazzatura.
- Annotare la data di rimozione e osservare la comparsa di eventuali segni di infezione nei successivi 30-40 giorni.
Ecco quattro cose che non si devono fare assolutamente:
- Non toccare la zecca a mani nude, neppure se sono disinfettate: si rischia solo di aggravare la situazione e di infettare ulteriormente la ferita.
- Non utilizzare mai, per rimuovere la zecca: alcol, benzina, acetone, trielina, ammoniaca, olio o grassi, né oggetti arroventati, fiammiferi o sigarette per evitare che la sofferenza indotta al parassita, possa provocare il rigurgito di saliva e quindi di materiale infetto.
- Non prendere iniziative fai da te: se non ci si sente in grado di risolvere il problema, meglio rivolgersi a un medico.
- Non tirare in modo brusco la testa della zecca: si rischia di aumentare l’infezione.