PSICOLOGIA
È vero che ci sono troppe diagnosi di dislessia? Guardando i dati ufficiali, in realtà in Italia, i disturbi specifici di apprendimento continuano ad essere sotto-diagnosticati e presentano una prevalenza molto bassa in alcune regioni e in determinate aree all’interno di ciascuna regione. I disturbi di apprendimento come la dislessia, la disortografia, la disgrafia e la discalculia, oltre a condizionare il percorso scolastico, hanno effetti di vasta portata sulla salute emotiva, che a loro volta ne aumentano l’impatto negativo sulla riuscita a scuola, all’università, nel lavoro o nelle relazioni interpersonali. Se ci si allarma per un’ipotetica ‘epidemia di dislessia’, non solo si costruisce una visione distorta dei dati, ma si sta contribuendo a mantenere lo stigma su chi presenta un disturbo di apprendimento. Lo stigma è la connotazione negativa delle persone in base a una caratteristica o a un disturbo presentato, è una vera e propria disapprovazione sociale che isola chi la subisce.
Lo stigma è tra i fattori che hanno un vasto impatto negativo sulla salute psicologica di un bambino, di un adolescente e di un adulto. Accanto allo stigma altri fattori determinanti sono le discriminazioni implicite o esplicite (ad esempio, a scuola: “Bambini, Giada non può leggere ad alta voce qui in classe perché è dislessica”), la diagnosi tardiva (che impedisce di attuare tempestivamente interventi riabilitativi e percorsi didattici personalizzati), la bassa autostima (accentuata dalle esperienze negative di sentirsi o essere considerato diverso dagli altri) e, in una minoranza di casi, altri problemi comportamentali associati.
Tuttavia, ci sono anche dei fattori che proteggono dalle conseguenze psicologiche negative derivanti da un disturbo di apprendimento e sono, oltre a specifici tratti individuali, gli interventi riabilitativi precoci, l’informazione del bambino e della famiglia per accrescere la loro consapevolezza, la formazione degli insegnanti, la disponibilità di tutor preparati per il supporto ai compiti e allo studio, le esperienze di condivisione con chi si trova ad affrontare le stesse difficoltà e in alcuni casi il supporto psicologico. Per rafforzare questi fattori protettivi occorrono persone competenti e aggiornate sui progressi della ricerca scientifica, delle tecnologie disponibili, sulle linee guida cliniche e sulla normativa di riferimento. Ad esempio, gli interventi riabilitativi di elezione per la dislessia sono quelli attuati nei primi anni della scuola primaria da logopedisti esperti e rivolti a rafforzare la decodifica automatica del codice alfabetico e la consapevolezza fonologica. Si tratta degli interventi più studiati e con maggiori benefici dimostrati sulle abilità di lettura.
Non si sono dimostrati efficaci, invece, altri prodotti come occhiali colorati, occhiali forati, pacchetti di ginnastica oculare, esercizi optometrici, videogiochi. I disturbi di apprendimento sono condizioni abbastanza frequenti che si possono presentare in modo singolo o combinato in ogni classe e che a seconda della rigidità del contesto possono condizionare il rendimento, la continuazione degli studi, il benessere psicologico, l’equilibrio familiare, le relazioni sociali. Ciascuno può fare la sua parte per ridurre l’impatto dei fattori negativi e aumentare i benefici dei fattori protettivi: le nostre scuole hanno indicazioni ministeriali ben definite sia per l’invio precoce all’approfondimento diagnostico sia per attuare le strategie compensative e le misure dispensative previste dal piano didattico personalizzato; i professionisti della salute devono seguire le evidenze cliniche e scientifiche più attuali e hanno il compito di fornire informazioni attendibili; le associazioni possono contribuire a dare risposte ai bisogni di condivisione e di supporto pratico della bambina o dell’adolescente e di tutta la famiglia; i mezzi di comunicazione possono aiutare a fare chiarezza sulle strade da seguire.