IL GIOCO È UNA COSA SERIA
Da fonti statistiche più che autorevoli, oltre che dai rumors di intere famiglie, arriva la notizia che il sogno nel cassetto dai sei anni di età almeno sino a quelli imprecisabili della “maturità” sarebbe il programmare un viaggio iniziatico nel paese del sole nascente, nell’incantato Giappone: terra di geishe, Samurai, ciliegi, ma soprattutto, per loro, ragazzini e bambini, di anime e manga.
Allora è il momento, per grandi e piccini, di scoprire e fare i conti con il grande, fascinoso, antenato di fumetti e cartoons: il teatro dicarta, il Kamishibai (纸芝居 Kamishibai, da Kami: carta; Shibai: teatro, dramma ma anche gioco).
Una valigetta di legno, oggi tornata prepotentemente alla ribalta e sostenuta a spada tratta da educatori e pedagogisti, che altro non è se non una caratteristica forma di narrazione per immagini, la cui origine è riconducibile addirittura ai templi buddisti del Giappone del XII secolo.
I monaci buddisti si servivano, infatti, degli ‘emakimono’ (opere narrative riprodotte su rotoli) per raccontare alla popolazione, per lo più analfabeta, storie sulla vita e le opere del Buddha, insegnando principi e morale da seguire.
Una via di mezzo, si direbbe oggi, fra teatro e lettura; un legame straordinario fra messa in scena, parola e immagine.
Diciamo pure che il Kamishibai appartiene alla lunga tradizione di racconti di strada. Il narratore o la narratrice, gaitokamishibaiya – che negli anni trenta, in Giappone, si dice fossero oltre 50.000 di cui 2.500 solo a Tokio - si spostavano di villaggio in villaggio, o di quartiere in quartiere, a bordo della loro bicicletta, sulla quale era stato montato il butai, ossia il teatrino di legno. Annunciavano il loro arrivo sbattendo uno contro l’altro due bastoncini di legno, hyoshigi, utilizzando poi altri strumenti a percussione e effetti sonori scenici per rendere ancora più efficace la narrazione. Per guadagnare la prima fila, bambini e curiosi dovevano comprare le caramelle vendute dagli stessi gaitokamishibaiya!
Animato, dunque, da bravi narratori e commentatori, il Kamishibai conobbe una fortuna mondana pazzesca divenendo una delle più importanti forme di intrattenimento, sia per i bambini sia per gli adulti, anche grazie al fatto che, durante la guerra, poteva essere trasportato facilmente persino nei rifugi anti-aereo e nei quartieri devastati dalle bombe, accollandosi altresì la funzione informativa rispetto agli eventi bellici in corso. A riprova di tanta popolarità basti pensare che il primo nome dato alla televisione dei bambini giapponesi fu denkiKamishibai, cioè Kamishibai elettrico!
Nulla osta, a questo punto, a concretizzare, in famiglia o a scuola o in Ludo, il proprio Kamishibai.
Servono una scatola della dimensione preferita nella quale i ragazzini inseriranno i disegni relativi alla storia che vorranno andare a narrare, scritta sul retro dello stesso foglio, in prima persona o in gruppo. Le tavole - artigianalmente illustrate - dovranno essere fatte scorrere dal kamishibaya all’interno di questo piccolo teatro domestico; attraverso il loro scorrimento si darà vita alla storia.
Quindi, altro ingrediente fondamentale, oltre a colla, forbici e materiale vario per foderare o decorare il proprio Kamishibai, si rivela essere la fantasia o, altrimenti detto, lo schiribizzo dell’inventore.
Il kamishibaya del momento, al di là di gestire il flusso del racconto, dovrà commentare le immagini e dare voce ai personaggi, leggendo il testo riportato sul retro di ogni tavola. Come ogni buon cantastorie, curerà la drammaturgia della messa in scena, attraverso suoni, rumori e “effetti speciali”.
Se poi il ragazzino o la ragazzina si vorranno industriare nel recuperare una vecchia bicicletta montandoci sopra un portapacchi al quale agganciare il Kamishibai: l’effetto scenico sarà perfetto.
In un crescendo di creatività, fantasia e fattività, il Kamishibai si rivela principalmente un’occasione per stare insieme. Il tipo di narrazione, semplice quanto efficace, stimola e favorisce la capacità di esposizione orale, di sintesi e di suddivisione in sequenze e permette di esporre immagini e idee sul proprio vissuto emozionale con la mediazione rassicurante del teatrino. Siamo di fronte a un’esperienza estetica a tutto tondo, che coinvolge tutti i sensi oltre a farsi strumento di cittadinanza attiva e partecipata, se la lettura avviene in luoghi pubblici. Il premio per la storia più avvincente? Altro non potrebbe essere se non il biglietto d’ingresso a Kyoto Museum dove sono custoditi i disegni originali delle prime storie, secolari, del Kamishibai.
Buon viaggio…