PAROLA DI ESPERTO

a cura della dottoressa Alice Dainelli, medico in formazione specialistica in Neuropsichiatria infantile AOU Meyer Irccs

Proviamo a fare un po’ di luce sul disturbo dello spettro dell’autismo. In particolare, accennando alla storia ed alle caratteristiche del disturbo dello spettro dell’autismo senza compromissione intellettiva e del linguaggio, a cui in passato ci si è riferiti come “autismo ad alto funzionamento” o come “sindrome di Asperger”. Era il 1926 quando la psichiatra infantile ucraina Grunya Sukhareva (1891-1981) descrisse la prima serie di pazienti con “tratti autistici” e “intelligenza normale o sopra la norma”, pubblicandola su una rivista scientifica in lingua russa. L’articolo sarebbe poi uscito nella traduzione tedesca un anno dopo, ma non venne mai citato dai colleghi occidentali passati alla storia come teorici del disturbo dello spettro autistico (L. Kanner e H. Asperger) e il lavoro pionieristico della Sukhareva fu dimenticato. Maggior risonanza ebbero, vent’anni dopo, le osservazioni del pediatra austriaco H. Asperger, da cui il nome della sindrome.

Partiamo allora proprio dalle osservazioni originali e ampiamente attuali di Grunya Sukhareva per parlare di questo disturbo. Pur con differenti inclinazioni e peculiarità individuali, tutti i bambini osservati presentavano quella che fu definita “attitudine autistica”, la tendenza a restare da soli e la difficoltà nell’integrarsi pienamente con gli altri, una “peculiare forma del pensiero”, con tendenza all’astrazione, schematizzazione e razionalizzazione, una “vita emotiva” che se da un lato appariva difficile da intravedere (ridotta mimica del volto, evitamento del contatto fisico, interazioni sociali atipiche) talvolta risultava accentuata con accessi di affettuosità, rabbia e impulsività. Molti di questi bambini mostravano interessi limitati, ma molto profondi (per la matematica, per la lingua etc.), comportamenti ripetitivi, aderenza inflessibile alla routine e interessi insoliti verso aspetti sensoriali dell’ambiente (marcata sensibilità al rumore, agli odori, ma anche spiccato orecchio e capacità musicali).

Diversamente dalla maggioranza dei bambini con disturbo dello spettro autistico, nei quali spesso concomita un certo grado di disabilità intellettiva, i bambini qui descritti si distinguono per ottime competenze verbali, con un vocabolario adeguato all’età e acquisito precocemente, con capacità intellettive nella norma o superiori alla norma. Non dovrebbe stupire quindi che questi bambini siano in grado di spiegare la difficoltà che provano nell’interagire con gli altri o la loro dipendenza da certi comportamenti rituali. D’altra parte, il linguaggio manca della normale prosodia (la Sukhareva riporta come uno dei suoi bambini fosse stato soprannominato “macchina parlante”, diremmo forse oggi “un robottino”) ed è atipica la componente non verbale della comunicazione (il contatto visivo è spesso sfuggente, scarsa la gestualità etc.). Un aspetto curioso osservato dalla Sukhareva è quello della goffaggine dei movimenti, aspetto di non raro riscontro nell’osservazione clinica, ma privo di un valore diagnostico.

Secondo alcuni categoria nosologica a se stante e negli anni definita in modi diversi (alcuni storicamente inesatti), la costellazione di caratteristiche neuropsicologiche e comportamentali appena discussa, oggi è inclusa nella più ampia categoria del disturbo dello spettro autistico, con la specifica di assenza di compromissione intellettiva e del linguaggio.

Come per gli altri disturbi del neurosviluppo, si tratta di condizioni che si manifestano nella prima infanzia. È possibile oggi porre una diagnosi già in età prescolare, quando possono (e devono) essere avviate attività abilitative dedicate. Fra i modelli di intervento consigliati secondo le linee guida su diagnosi e trattamento del disturbo dello spettro autistico (ISS – SNGL, Ottobre 2023), l'Early Start Denver Model, che fa leva sulle specificità di ciascun bambino e sulle sue preferenze di gioco (potente mezzo di apprendimento cognitivo e sociale).