A PROPOSITO DI FELICITÀ

a cura di Manila Bonciani, responsabile del Meyer Center for Health and Happiness

Abbiamo condiviso più volte in questa rubrica quanto le relazioni sociali giochino un ruolo strategico nel perseguimento della propria felicità, ma il fatto di esserne consapevoli non assicura di per sé l’essere capaci di costruirne e mantenerne di positive per riuscire a star bene. Anzi, nell’attuale società, sembra sempre più difficile riuscire a farlo a causa degli elementi di complessità che caratterizzano le interazioni sociali. L’incontro dell’io con l’altro da sé, che contraddistingue ogni interazione sociale e che è sempre stato alla base della formazione stessa dell’identità individuale e del modo di percepirsi nel mondo, risulta sempre più difficoltoso. Lo è soprattutto per gli adolescenti che, oltre all’attraversare una delicata fase di transizione di per sé caratterizzata da turbolenze nei rapporti tra pari e con gli adulti di riferimento, sono coinvolti oggigiorno in dinamiche sociali globali che condizionano la modalità di relazionarsi con gli altri. Proviamo a indicare quali sono le dinamiche più rilevanti. Innanzitutto la pervasività della società digitale nelle vite degli adolescenti moltiplica le possibilità di essere sempre connessi con gli altri, ma può allo stesso tempo amplificare anche il loro senso di solitudine. La rete globale in cui tutti siamo immersi, infatti, rischia di collegare tra loro una moltitudine di individui isolati che facilmente all’interno di questa rete possono confondersi, volendo anche cambiare identità, o anche solo sottrarsi alla fatica di dialogare e confrontarsi di persona con gli altri, privilegiando la comunicazione virtuale asincrona e riducendo i rapporti affettivi reali.

Questo rischio di isolarsi ha avuto un’accelerazione nel periodo pandemico, nel quale il distanziamento sociale, che è stato necessario per affrontare la situazione di emergenza, ha particolarmente colpito gli adolescenti, con la chiusura delle scuole, e ne ha soffocato il bisogno di socializzazione, dirottandolo appunto verso i canali social. L’intensa spinta verso amicizie e interazioni virtuali ha comportato che, anche dopo la fine della pandemia, gli adolescenti abbiano continuato ad esprimere una maggiore difficoltà ad avere interazioni in presenza vis a vis.

La virtualizzazione dell’esistenza, infatti, può far credere inizialmente agli adolescenti di essere maggiormente protetti dal giudizio degli altri, avendo la possibilità di manipolare quello che vogliono presentare di sé agli altri, ma in realtà progressivamente rischiano di sviluppare una dipendenza dall’approvazione degli altri. Possono quindi assumere atteggiamenti narcisistici che li portano ad essere auto-centrati ed a concepire le relazioni interpersonali in maniera funzionale solo per essere ammirati dagli altri e non per costruire amicizie sincere che comportano anche scambiarsi critiche costruttive. Questa tendenza a evitare l’interazione sociale o a svuotarla di contenuto affettivo si manifesta anche nella difficoltà del relazionarsi a due nel contesto reale, preferendo confondersi nel gruppo, nel quale gli adolescenti cercano di ancorare la propria identità per contrastare il senso di incertezza che vivono, ma finendo per percepire la comunicazione con gli altri come scontro tra fazioni. Si amplifica così l’atteggiamento di chiusura oppositiva verso l’altro, immaginato come antagonista, rispetto al quale si reagisce con aggressività, quale epifenomeno di emozioni fuori controllo o forse solo come manifestazione distorta di emozioni che non si sanno esprimere attraverso le parole e che quindi esplodono in comportamenti violenti.

Le dinamiche appena tratteggiate, che si sommano alla progressiva disgregazione del senso di comunità e al dilagante individualismo, così come ai cambiamenti nelle stesse relazioni familiari (confusioni di ruoli, altalenarsi tra protezionismo e delega educativa), possono quindi frapporsi alla costruzione di relazioni positive e provocare negli adolescenti una sensazione di disagio sociale, più o meno marcata in base alle singole storie ed esperienze, cioè un certo senso di inadeguatezza che possono avvertire rispetto al sistema sociale in cui vivono e che può indurre in loro uno stato di sofferenza o comunque di mancanza di benessere.

Per contrastare il disagio sociale e recuperare la capacità di interagire in maniera costruttiva e profonda, è essenziale porre attenzione pertanto a coltivare l’affettività degli adolescenti, a sviluppare la loro intelligenza emotiva a partire dal renderli consapevoli delle proprie sensazioni, delle proprie emozioni e dei propri sentimenti e dal rafforzare le abilità affettive che possono rivitalizzare la costruzione delle relazioni interpersonali.

L’educazione all’affettività aiuta a interpretare correttamente cosa determinano in sé e negli altri i fenomeni che abbiamo prima elencato, per saperli affrontare e non rimanerne travolti, riuscendo invece a cogliere le potenzialità che la società digitale comunque presenta e a sfruttarle per facilitare la costruzione di legami autentici e non solo superficiali. Il rafforzamento delle abilità affettive permette di prendere atto delle proprie percezioni, saper distinguere le emozioni che vengono vissute, saper dare loro un nome ed essere in grado di comunicarle agli altri. La consapevolezza che il sentire e l’agire siano distinti aiuta a far sviluppare il controllo degli impulsi emotivi e la coscienza delle conseguenze delle proprie azioni, acquisendo il senso del limite e della responsabilità. Soprattutto aiuta a superare la resistenza ad aprirsi all’altro, imparando a condividere i propri sentimenti e a comprendere quelli altrui, primo passo per la creazione di relazioni interpersonali vere. Questa educazione all’affettività, così strategica nel processo di crescita degli adolescenti e di cui la famiglia in primis ha la responsabilità, deve essere radicata anche nel contesto scolastico, quale spazio deputato alla socializzazione, sia attraverso l’attivazione di percorsi specifici strutturati per lo sviluppo di competenze utili nei diversi spazi della vita affettiva e relazionale, sia come attenzione generalizzata all’affettività in tutti gli ambiti di apprendimento, che portino a vivere la scuola, e quindi le relazioni con gli altri, in un modo affettivamente sensibile.