A PROPOSITO DI FELICITÀ

a cura di Manila Bonciani, responsabile del Meyer Center for Health and Happiness

Tra pochi giorni, il 20 marzo, sarà la Giornata Internazionale della Felicità che l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha voluto istituire nel 2012 per riconoscere la felicità come legittima ed universale aspirazione di ogni persona e richiamare ogni attore istituzionale, per quanto di propria competenza, a favorirne il raggiungimento ed a rimuovere gli ostacoli che si possono frapporre nel perseguire tale obiettivo.
Ma quanto siamo felici nel mondo? Il Rapporto Mondiale sulla Felicità (World Happiness Report) ogni anno dal 2012 analizza il livello di felicità e benessere degli individui, su scala nazionale e globale, ed esce proprio intorno al 20 marzo come parte della celebrazione della Giornata Internazionale della Felicità. In attesa dell’uscita del nuovo Rapporto 2024, diamo uno sguardo alle ultime edizioni di questa pubblicazione per farci un’idea di quanto le persone siano felici nelle diverse parti del mondo.

Innanzitutto questo Rapporto misura la felicità come una stima soggettiva della soddisfazione della vita su una scala da 0 a 10, utilizzando le risposte dell’indagine svolta annualmente dalla società multinazionale di ricerca e analisi Gallup in quasi tutto il mondo su campioni rappresentativi a livello dei singoli paesi. Per la misurazione della felicità, non viene quindi imposta una visione unica a cui far riferimento, ma ciascuna persona riporta la propria autopercezione fornendo un giudizio valutativo sulla propria condizione complessiva in base a ciò che pensa sia la migliore vita possibile (a cui viene attribuito il valore massimo di 10 nella scala), tenendo conto quindi dei propri valori, aspirazioni e aspettative.

Il valore medio della felicità (che viene calcolato come media dei valori degli ultimi tre anni per rendere più robusto il risultato) è rimasto sostanzialmente stabile negli anni, ma con grandi disuguaglianze tra paesi. Nel 2023 si è attestato complessivamente ad un valore di 5,5, ma con una forbice che va da 1,9 dell’Afghanistan al 7,8 della Finlandia. Nei primi 10 paesi più felici ce ne sono molti del Nord Europa, mentre tra i 10 paesi meno felici quasi tutti sono del continente africano. L’Italia nel 2023 si trova nella 33esima posizione con un valore medio di 6,4.

La stabilità osservata nella percezione di essere felici può meravigliare considerando che gli ultimi anni sono stati caratterizzati dalla pandemia da COVID-19, da una crescente crisi energetica ed ambientale e dall’acuirsi di conflitti bellici, ma potrebbe anche denotare un buon livello di resilienza da parte della maggior parte delle popolazioni di tutto il mondo. Questo però non vale per tutte le fasce di età: tra i giovani, infatti, è stata osservata una diminuzione della soddisfazione per la vita, mentre tra gli over 60 c’è stato un aumento. Il tradizionale andamento ad U del valore medio della felicità per età (alto tra i giovani, più basso tra gli adulti e con valori nuovamente alti per le persone più anziane) è stato così sostituito negli ultimi anni da una linea incrementale per fascia di età, determinata forse dal fatto che i giovani che hanno una vita sociale intensa ed una sensibilità maggiore per il proprio futuro sono stati i più colpiti dalle conseguenze della pandemia ed in generale dalle varie vicende critiche globali.

Oltre alla grande varietà di esperienze nazionali, ci sono quindi differenze nella felicità anche all’interno dei singoli paesi. Se si considera il divario di felicità tra la metà superiore e quella inferiore della popolazione di ciascun paese, si osserva che questo divario è minimo sia nei paesi in cui la maggior parte delle persone è felice, sia in quelli in cui quasi nessuno è felice, ad indicare che all’interno di questi contesti le condizioni di vita non differiscono eccessivamente tra le persone, nel bene e nel male. Mentre in altri paesi, per esempio dell’America Latina e dell’Africa, questo gap si attesta anche su valori di 5-6, spesso in aumento rispetto al passato, a denotare una grande variabilità di situazioni di vita che influenzano poi il benessere delle persone. In generale, le persone sono più felici vivendo in paesi in cui il divario di felicità è minore.

Il Rapporto Mondiale sulla Felicità utilizza anche dati oggettivi sulla salute, sullo stato socio-economico e politico dei paesi per verificare come essi influenzino i livelli di felicità.
Tra i fattori determinanti per la felicità, oltre alle condizioni materiali favorevoli e all’aspettativa di vita sana più lunga, anche l’efficacia delle istituzioni e del governo gioca un ruolo fondamentale. Questa efficacia è misurata in base alla capacità fiscale di raccogliere il gettito potenziale, alla capacità di erogare servizi, alla capacità di far funzionare le leggi in termini di stato di diritto, oltre alla capacità di evitare da una parte guerre civili e conflitti sociali e dall’altra meccanismi di repressione. In tutti i paesi, ognuno degli aspetti menzionati è correlato alla soddisfazione di vita media delle persone e quindi emerge una responsabilità degli stati nel favorire le condizioni per sviluppare politiche a sostegno della felicità e del benessere delle popolazioni e delle future generazioni. Il rispetto dei diritti umani e delle libertà personali, la promozione di una società collaborativa in cui trovare supporto sociale, il sostegno ad investimenti sociali in campo sociale, sanitario e di salute mentale, l’azione congiunta di scuole e aziende per la promozione di salute e benessere tra studenti e lavoratori, la protezione della natura e il contrasto al cambiamento climatico sono tra le politiche che possono influenzare positivamente il benessere individuale.

Aspettando quindi di avere altre indicazioni rilevanti dal prossimo Rapporto Mondiale sulla Felicità 2024, il messaggio che emerge complessivamente dal monitoraggio che esso svolge attivamente ormai da anni, e che la Giornata Internazionale della Felicità ci ricorda simbolicamente, è che la felicità delle persone rappresenta la vera misura dello sviluppo umano e del progresso sociale e che sia possibile promuoverla quotidianamente grazie alla messa in atto di politiche pubbliche e di azioni concrete nel mondo del lavoro, della scuola e della società civile, che anche come singoli possiamo fortemente auspicare e richiedere alle nostre istituzioni.