PSICOLOGIA

a cura di Rosanna Martin, psicologa AOU Meyer

“Quando non si sa dove si va, si sappia da dove si viene”. Tradizione orale africana.
“C’era una volta, una principessina che non trovava mai pace nei suoi pensieri. Nel tempo, troppe cose erano cambiate, anche piccole, semplici, ma cambiavano. Quando le sembrava di essersi un po’ rassicurata su quello che sarebbe potuto accadere, ecco che qualcosa cambiava: il suo palazzo reale, il Regno del Re, la sua famiglia, le emozioni dei suoi genitori. Il Re e la Regina a volte li vedeva così tristi… o stanchi, poche volte felici, a volte assenti, ma se chiedeva loro cosa stava succedendo… le dicevano sempre che non c’era niente. Così lei non capiva. La mattina andava a scuola, ma il suo pensiero era rivolto sempre alla sua famiglia. Chi troverò al castello al suo ritorno? Ci sarà la mamma o sarà andata nella corte della Regina madre, malata? Ci sarà il papà o sarà con i soldati a difendere il regno? E la mamma sarà triste o arrabbiata con me perché chiedo sempre di lei e perché faccio i capricci per avere un po' della sua attenzione? E staranno bene, se si ammalano? E dovremo cambiare ancora il Castello? La mamma avrà tempo per giocare e abbracciarmi un po’, o dovrà sistemare tutte le cose del regno?
Con tutti questi pensieri la Principessina, non riusciva a divertirsi con gli amici, quando le arrivavano i pensieri più brutti a volte piangeva e voleva la mamma, tanto che le maestre dovevano mandarla a chiamare. A volte capitava che trattava male gli altri bambini... si sentiva molto arrabbiata. A volte invece a scuola era perfetta ma poi a casa... bastava un niente che la sua rabbia mista alla tristezza esplodesse.

Le cose peggioravano e la Principessa era sempre più triste, chiedeva di continuo alla mamma se le voleva bene, anche per i suoi sensi di colpa di non essere la brava principessina che forse i suoi genitori volevano. Più la mamma si arrabbiava per il comportamento incomprensibile della figlia, più la principessina pensava di essere una cattiva bambina e pensava che nessuno avrebbe potuto amarla. La Regina e il Re d’altra parte non sapevano più cosa fare… le dicevano che le volevano bene ed era proprio vero, ma a volte il comportamento della figlia li mandava su tutte le furie”.

Per i bambini crescere è l’ignoto, il cambiamento. I passaggi di vita, i cicli scolastici per citare il più semplice e universale, non sono solo semplici tappe, per qualche bambino significano più una perdita che una conquista. I bambini hanno bisogno di sicurezze e questo ormai lo sanno tutti, ma come è possibile non cambiare nulla nella vita famigliare? Le famiglie cambiano case, si restringono o si allargano (con l’inserimento di nuovi rapporti affettivi), muoiono i famigliari, si possono attraversare momenti o periodi lunghi, di depressione, ansia, paura, impazienza e rabbia per non parlare dei rapporti conflittuali fra genitori. E allora? Come si fa a dare la sicurezza che i bambini cercano?

Non si può. Non possiamo dare ai figli le certezze che nemmeno noi adulti abbiamo, ma possiamo fare molto nel momento in cui riflettiamo sul fatto che i bambini vedono e sentono tutto, con tutti i loro sensi. Sentono la mamma triste o arrabbiata, distaccata, assente. Il babbo che gioca senza averne voglia o che non ascolta i suoi racconti, distraendosi. Possiamo fare molto se nei momenti difficili diciamo la verità sui dispiaceri, rassicurando i figli che ve ne state prendendo carico. Possiamo fare molto se doniamo ai nostri figli la presenza quando ci siamo, quando si possono fidare di ciò che diciamo. Possiamo provare a non sentirci in colpa e mettere in atto comportamenti di apparente condiscendenza, per poi arrabbiarci poco dopo, ma mostrare più coerenza possibile. Possiamo fare molto se rimaniamo in relazione con i bambini, considerando la loro piena capacità di sentire ma anche di capire.
Se riusciremo a essere adulti affidabili lo saremo anche come genitori, se riusciamo a fornire il ruolo di genitore come un contenitore concavo, i figli potranno affidarsi e potranno reggere “il non sapere dove si va” perché sapranno “da dove vengono”: dalle menti dei genitori.