PSICOLOGIA
Il termine adolescenza deriva dal latino adolescere che significa crescere e si riferisce a quell’ultimo tratto dell’età evolutiva che traghetta l’individuo dall’infanzia all’età adulta. I numerosi cambiamenti che l’individuo adolescente deve affrontare sia sul piano fisico che psicologico provocano un comprensibile disorientamento che lo portano alla continua ricerca di punti di riferimento su cui basare un minimo di stabilità. Dal punto di vista psichico inizia a sviluppare sempre più consapevolezza di se stesso come individuo grazie alla maturazione di un pensiero critico che lo induce a mettere sanamente in discussione la realtà e le regole del mondo in cui vive e che lo circonda, ma allo stesso tempo sperimenta il susseguirsi di forti emozioni che non hanno solo una base biologica dovuta alla crescita puberale, ma che derivano anche dall’incertezza e dallo smarrimento proprie del suo difficile percorso di crescita.
Di fronte allo scenario intricato e complesso del loro mondo interiore, è facile comprendere come spesso gli adolescenti provino insoddisfazione per il proprio aspetto esteriore su cui proiettano le loro più intime insicurezze che cercano di alleviare nel tentativo di trovare rassicurazione nell’adesione ai canoni di bellezza socialmente stabiliti, ma che avranno sempre la sensazione di non raggiungere mai abbastanza. Inoltre, lo svuotamento dei valori del mondo in cui viviamo che suggerisce continuamente che conta solo avere denaro ed essere belli, mette ulteriormente in crisi i ragazzi rispetto al loro aspetto esteriore in continua trasformazione, aumentando sempre più il senso di inadeguatezza dell’individuo rispetto al consenso sociale.
Cosa può fare un genitore per aiutare il proprio figlio, la propria figlia?
Per prima cosa, cercare di comprendere. Non è scontato perché spesso da genitori si tende a sminuire la fissazione per un problema estetico che riteniamo assolutamente inesistente e privo di importanza ai nostri occhi, mentre per i ragazzi rappresenta spesso il primo pensiero della giornata, poiché avvicinarsi ai canoni di bellezza universalmente accettati significa sentirsi approvati e dotati di valore, in un momento della vita tanto delicato in cui dentro se stessi regna senso di inadeguatezza, solitudine e tanti, tantissimi interrogativi.
Il bisogno di omologazione diventa vitale poiché aiuta gli adolescenti a sentirsi parte di un tutto e non restare da soli, in un costante desiderio di approvazione da parte dei pari. Allo stesso tempo però i genitori devono sostenere i ragazzi nel lungo e difficile percorso di costruzione della loro individualità, aiutarli a valorizzare le loro capacità e a scoprire le loro risorse, spronandoli a mettersi in gioco e sperimentarsi nelle attività che più interessano e da cui traggono più piacere, guidandoli non solo ad accettare ma anche ad apprezzare i propri limiti e le proprie qualità peculiari, che tanto li arricchiscono rendendoli unici e, per questo, straordinari. Aiutarli a capire che tutti siamo uguali perché siamo diversi e sostenere ai loro occhi il concetto di diversità che si nutre reciprocamente della diversità degli altri, in un’ottica più ampia che unisce e considera la diversità come qualcosa che arricchisce la collettività, basata su un principio di uguaglianza che si oppone ad una visione omologante del contesto sociale.
La percezione di dover essere sempre perfetti, che tanto impregna la società odierna, rischia di restituire un’immagine di sé negativa e svalorizzante di fronte a un “fallimento” scolastico (quale un’insufficienza) se non accompagnato da una riflessione che implichi una possibilità di crescita (come un miglioramento del proprio metodo di studio o la ricerca di nuove strategie).
Valorizzare ogni adolescente nella propria singolarità significa aiutarlo a non fissarsi nel desiderio di un corpo perfetto ma ad amarsi e apprezzarsi per ciò che è, con i propri pregi e i propri difetti.
È importante partire dai genitori nel valorizzare di più i giovani a fronte di un pensiero collettivo che tende a svuotarli di valore e che tende a omologarli in modo svalutativo come individui problematici. Se non aiutiamo i ragazzi ad apprezzarsi nella propria singolare unicità è evidente che non resti loro altro che omologarsi all’anonimato.