PSICOLOGIA

a cura di Rosanna Martin, psicologa AOU Meyer

A volte è necessario un lungo cammino per arrivare a decidere di avviare una consulenza con uno psicologo. Ugualmente difficile è riconoscere prima di tutto che vi è un bisogno.

Sono molti e faticosi i pensieri solitari o di coppia fatti dai genitori rispetto ai comportamenti dei figli, pensieri che turbano giorno e notte: “Passerà questo momento? Sì, crescerà e tutto si risolverà, ma se peggiora? Sta male lui/lei, stiamo male tutti, cosa posso fare?”.
A volte ai giorni peggiori succedono momenti migliori, che sollevano e alleggeriscono, che fanno rimandare. Il genitore sa sempre tutto e comprende più di ogni altro, ma il pensiero di un problema psicologico, può essere vago e nebuloso.
Può nascere da esperienze o sensibilità personali, da spinte degli insegnanti, da pediatri particolarmente sensibili alle valenze psichiche di certe manifestazioni comportamentali o sintomi somatici, da amici di famiglia che colgono la difficile risoluzione di problemi, che neppure i saggi e affettuosi consigli di amici o parenti riescono a scalfire.

Cosa distingue un’insonnia passeggera dal segnale che il momento di addormentarsi è divenuto insopportabile?
Cosa rende il cibo tanto disgustoso e pericoloso o al contrario attraente e desiderabile al punto dal volerlo in continuazione?
Cosa rende così temibile la cacca da non voler andare al bagno?
Passerà questa angoscia di andare a scuola?

Come fa un genitore a comprendere se aspettare che “passi” o pensare che ci possa essere una manina alzata che chiede di essere vista, che chiede aiuto e ascolto?
Quando i genitori non riescono più a vedere nitidamente o ad ascoltare con tutti i sensi che possiede, è importante attivare un altro occhio e un altro orecchio. È quando i genitori hanno la sensazione di essere arrivati ad un punto cieco, quando il nodo di quel momento di crescita non si scioglie, quando il circolo dell’angoscia si autoalimenta, che i genitori devono farsi aiutare a vedere di nuovo. Spesso anche solo il fatto di avere preso un appuntamento con uno psicoterapeuta infantile, mette in moto tante cose.
Fare ordine nei pensieri e dare parole per esprimere il problema ad un’altra persona, permette ai genitori di riflettere sulla propria sofferenza e su quella del figlio, trovare “le parole per dirlo”, come il titolo di un bel libro, fa luce. Solo il genitore può farsi portatore di un aiuto al di fuori della famiglia, far entrare un altro occhio che possa vedere, ascoltare, comprendere, contenere e sostenere. È una decisione che permette di guardarsi dentro e permettere ad un altro, lo psicoterapeuta infantile di entrare in dinamiche intime famigliari.
Questo momento complicato, fa nascere vissuti giudicanti, fa emergere la ferita dell’immagine del figlio e dell’immagine di sé come genitori imperfetti. Nella consulenza psicoterapeutica con i bambini, il primo colloquio è con i genitori mentre con gli adolescenti l’incontro è genitori e figlio/a insieme. Anche il timore di ferire o proteggere il figlio/a dalla visita. La consulenza psicoterapeutica nelle fantasie genitoriali può essere vissuta come un momento “violento”, d’esposizione faticosa di sé.
Ma cosa dire a un bambino quando si è deciso di effettuare il percorso?
La verità è sempre la miglior strategia. Si potrà dire che mamma e papà sono preoccupati per quello che sta succedendo e vogliono incontrare una persona che si occupa dei problemi dei bambini, per capire insieme come è possibile risolverli, un dottore dei pensieri e delle emozioni, un dottore di ciò che non si vede, che giocherà e disegnerà per aiutarti e capire come stai. Solitamente sentire che i genitori hanno compreso la fatica e pensano a un modo per aiutarli, solleva i bambini e li alleggerisce.
Dalla nostra esperienza professionale i bambini sono sempre contenti di poter essere ascoltati e di avere un adulto a completa disposizione.

Ma a cosa serve la consulenza psicoterapeutica?
Innanzitutto a pensare insieme a quello che sta succedendo in famiglia, dare un senso al comportamento e alle reazioni di tutti i componenti. Permettere di acquisire maggiore consapevolezza del mondo interno infantile e genitoriale, vedere la realtà da più punti di vista, attivare un ascolto attento ai segnali di sofferenza, spostare l’attenzione sul capire e non sul di chi è la colpa o sul cosa faccio, riflettere sulle proprie esperienze infantili e su cosa possiamo avere trascurato nei nostri bisogni e nei bisogni del figlio/a.

Maria Luisa Algini nel suo bel libro “Il viaggio” (Ed. Borla), racconta a chi è fuori, genitori, insegnanti, educatori, il senso di quanto succede dentro ad una psicoterapia infantile. Un viaggio all’interno del nostro mondo che vale la pena di essere conosciuto.