IL GIOCO È UNA COSA SERIA
C’è stato un tempo in cui bambini e ragazzini sognavano viaggi avventurosi per terre e per mari vagheggiando mappe immaginarie magari in compagnia di Capitan Salgari, e avendo per bagaglio cuore, testa e uno zaino leggero. Ma per lo più le avventure iniziavano e finivano fra le pagine: viaggi di carta!
“Levate l’ancora, abbandonate porti sicuri, catturate il vento nelle vostre vele.
Esplorate, sognate, scoprite”, incitava Mark Twain.
Da allora ci si è messi in cammino, disposti a errare e pronti a riconoscere spazi reali e spazi dell’ invenzione fantastica, dall’Isola che non c’è, alla città Smeraldo, al Paese delle Meraviglie a quello dei Balocchi, all’India di Sandokan, all’arcipelago delle Isoleombra sino ad oggi: alle mappe planetarie, ai viaggi stellari. Eppure, come ricorda nei suoi Atlanti Anselmo Roveda, non si può rimuovere l’importanza del quotidiano, dell’ordinario; perché l’esplorazione inizia quando si accende l’immaginazione, magari sulla soglia di casa, qualche volta addirittura prima: in corridoio, in cucina, in aula, davanti a libri aperti oppure sempre più spesso di fronte a compagni e amici stranieri, provenienti da paesi remoti e talora malnoti.
Allora se è vero che un viaggio incomincia prima di partire e l’attesa non disgiunta dall’immaginazione fa parte del viaggio, guardandosi intorno non mancheranno innumerevoli e pregevoli giochi da tavolo on the road o boardgame che fanno della progettazione del viaggio magari Sulle tracce di Marco Polo (un evergreen) la sua stessa riuscita.
Se invece sull’esplorazione vogliamo riverberare qualche riflessione multiculturale ad uso degli under 12 conviene passare, magari a tempo di marcetta, a un gioco d’azione dal titolo bertiano: ”fin che la barca va”.
Metti così 3-4 amici per la pelle in età dai sette anni in avanti, un pomeriggio di tepido sole autunnale vicino a un rigagnolo d’acqua e metti pure qualche pezzo di corteccia oppure piccoli rami raccapezzati sull’argine e utili a ingegnarsi per costruire una piccola barca alla quale aggiungere come vela - grazie a qualche cordicella di fortuna o a un provvido attak-colla - una bella foglia larga. E la gara potrebbe iniziare così, semplicemente facendo scivolare le imbarcazioni lungo il rigagnolo d’acqua immaginando corsi d'acqua maestosi, leggendari, meraviglie naturali di dimensioni incredibili, dal Rio delle Amazzoni, al Tago, all’Aguary, all’Ural al Tarim ai più celebri Nilo, Mississippi, Volga ecc…; facendo poi attenzione che se una barca dovesse bloccarsi sull’argine o rimanesse incastrata tra le erbacce, ai “velisti” sarebbe permesso di spostarla solo da fermi con un bastone; senza spingerla!
Il giudice di gara – un babbo, una mamma o qualche scanzonata zia – avrà il compito di controllare l’andamento corretto del traffico fluviale e di arricchire il viaggio con quesiti articolati su elementi di conoscenza del paese attraversato dal fiume prescelto.
Curiosità che costituiranno un tesoretto di 10 crediti. Esempi: Cleopatra per il Nilo, l’antico Jaik (oggi Ural) che sbocca nel mar Caspio, il Tarim dal letto e dalle sponde migranti o i 3778 chilometri del Mississippi ecc… E ancora animali, cibi, musiche, costumi, in un sapere giocoso che precede e si intreccia con l’adrenalinico avviarsi della competizione.
Chi vince? Ma naturalmente, nel massimo rispetto dei crediti acquisiti, la barca che arriva per prima alla linea del traguardo, alla faccia di Albert Einstein che amava viaggiare ma odiava arrivare.