IL GIOCO È UNA COSA SERIA

di Manuela Trinci, psicoterapeuta infantile, direzione scientifica ludo-biblio AOU Meyer

Sebbene Greg Heffley - alias la “schiappa” – sia ormai una indiscussa celebrity internazionale, fra i ragazzini di oggi, sulla scia di Leonardo o di Archimede, l’idea di poter essere un giorno il “genio” dei due mondi non tende a tramontare.

A sostenere una tale, legittima, aspirazione ci sono ovviamente genitori insegnanti educatori. La questione però non è quella di ritrovarsi circondati da bambini super dotati o superintelligenti, gite - quelli che parlano a 6 mesi, a due anni leggono Proust, a quattro arpeggiano in maniera convincente - quanto piuttosto di sollecitare in loro l’esercizio della facoltà più diffusa e più viva: la curiosità;di spronare l’attitudine indagatrice tenendo ben presente, per un nuovo umanesimo, il valore anche formativo della scienza, che ha prodotto una nuova visione del mondo, libera da superstizioni, da mitologie e da condizionamenti ideologico-sociali. Purtroppo oggigiorno l’esperienza “scientifica” di molti ragazzini è ancorata a un insegnamento scolastico di stampo manualistico, poco sperimentale e poco riflessivo, un insegnamento che magari fornisce più un accumulo di conoscenze che non un metodo per trattare, organizzare, e orientarsi fra i tanti saperi. Il grande filosofo Edgar Morin afferma che l’attitudine generale della mente a porre e a trattare i problemi permette ancor meglio lo sviluppo di competenze particolari o specializzate. Più potente è l’intelligenza generale, più grande è la sua facoltà di trattare problemi specifici. Aggiungendo e riprendendo poi, Morin, un motto di Montaigne: “Meglio una testa ben fatta che una testa ben piena”.

In un tale quadro, appare importante il ruolo che il gioco e il giocare possono svolgere sia nello stimolare il pieno impiego dell’intelligenza generale sia nel restituire alla scienza la sua natura sperimentale dove anche la manualità e la tecnica acquistano una loro dignità: aiutano, infatti, a combattere una visione intellettualistica e astratta della scienza, e ribadiscono come l’intelligenza sia un complesso fatto anche di sagacità, mobilità d’animo, attenzione vigile e capacità di reazione operativa.

Si può dunque diventare geniali giocando, in un percorso creativo che avviene grazie a combinazioni, tentativi, prove, adattamenti, recuperi di esperienze e materiali, procedimenti e ragionamenti. Allenare la memoria si può, acuire la vista, l’osservazione, la memoria visiva; allenare la pazienza, l’autocontrollo: si può. Meditare, giocare, inventare.

Un gioco per tutti:
Servono 10 oggetti, reperiti dove si vuole dalla soffitta al giardino.
10 oggetti che dovranno essere poi posti su un tavolo e osservati attentamente.
Dopo di che – come qualsiasi genio farebbe – è necessario porsi un problema. Ad esempio: con quale mezzo e a quale velocità andare su Giove, come soccorrere i delfini feriti alle Mauritius, come impedire ai ghiacciai di sciogliersi o come svegliarsi presto per andare a scuola se non funziona la sveglia…
A questo punto di tratta di inventare un macchinario che unisca tutti gli oggetti scelti e che serva a risolvere il problema posto.
Si può giocare anche a squadre e vince chi riesce a trovare per primo una soluzione.

Per concludere: diventare un genio non è mai stato così facile!